giovedì 15 dicembre 2016

Babbo Natale

Si rimette i pantaloni con un po' di difficoltà. Le gambe fanno male, in realtà fa male un po' tutto. Ha aspettato che lui andasse via prima di azzardarsi a muoversi almeno un po'. Le dita vanno a cercare qualcosa nella tasca della giacchetta nera, tira fuori il pacchetto e si ricorda troppo tardi che è miseramente vuoto. Sospira e lo butta per terra, passandosi una mano sotto l'occhio sinistro, cercando di scacciare una nota di malinconia che preme contro il petto. Ingoia un grumo di saliva e osserva la stanza spoglia del motel, poi posa lo sguardo sul comodino opposto. Si alza a fatica con un mugolio di protesta, recupera la giacca e la indossa per poi togliere l'elastico dal polso e legarsi i capelli scompigliati. Gira intorno al letto, recupera la mazzetta di banconote senza nemmeno contarle e subito dopo la bustina di polvere bianca e il foglietto con il numero di telefono. Non sa dire quanto tempo resta ferma a fissare il numero, viene riscossa dai colpi alla porta della donna delle pulizie che chiede di poter entrare. Sobbalza e infila tutto nelle tasche, si china per mettersi le scarpe da ginnastica, infilandole senza allacciarle e alza gli occhi sul letto sfatto e le macchie di una infanzia che chi per lei aveva protetto con unghie e denti.
Esce senza nemmeno guardare in faccia la donna, imbarazzata all'idea di quello che potrebbe pensare disfando il letto.
Esce con un masso sul petto e la propria voce nella testa che le ricorda che, alla fin fine, è stata intelligente. Le altre di solito danno via una cosa così preziosa gratuitamente.

E lei ha davvero bisogno di soldi.

American's Dream



 - Tu non andrai da nessuna parte.
 - Ho ventidue anni, non puoi fermarmi, ho i miei soldi e ho BISOGNO di vivere la mia vita.
 - Sei diversa Even..lo sai, non resisterai nemmeno un giorno la fuori!

Infila con rabbia un paio di maglie dentro la borsa, il nervosismo palpabile che le scuote le spalle. Ad ogni gesto sente la voce di suo padre rimbombare nelle orecchie come una cantilena poco rassicurante.
Scuote la testa, si avvicina alla scrivania e recupera un elastico nero, lega i capelli in una coda bassa e fissa la foto della madre che la osserva dalla mensola sopra il computer. La guarda e cerca di recuperare da lei la forza necessaria. 

 - E' questo allora? Non ti fidi di me?
 - Sai che non intendo dire questo tesoro..dico solo che hai bisogno di essere protetta. Il mondo è orribile, l'America ancora di più.

Recupera la foto sfilandola dalla cornice, la piega in due e la infila nella tasca del pantalone recuperando una boccata d'ossigeno con un respiro profondo. Fuori è buio, non fa troppo freddo, o meglio lei non lo sente, ma indossa ugualmente il grosso cappotto nero del padre, una sciarpa e un cappello, così da coprirsi al meglio. Mette nella sacca le ultime cose e chiude la zip.

 - Ho detto che andrò. Come pensi di impedirmelo? Sentiamo.
 - Non posso impedirtelo Even, sto cercando di farti ragionare. I soldi bastano giusto per un paio di mesi di affitto e il biglietto aereo, poi? 
 - Troverò un lavoro.
 - A Philadelphia? Ne sei davvero sicura? Potevi scegliere qualcosa di meglio..hai dei cugini in Missouri, potrei fare un paio di chiamate per..
 - No, niente parenti, voglio cavarmela da sola.

Attraversa il corridoio in punta di piedi. Entra in cucina e si allunga per posare un biglietto sul banco grigio, prende un profondo sospiro e si volta ad osservare la casa, mentre si avvicina alla porta d'ingresso. E' grande, forse anche troppo, ricca di confort a cui lei non si è mai davvero abituata fino in fondo. Sa che un po' le mancherà. La pappa pronta è comunque qualcosa da cui è difficile allontanarsi.

 - Va bene, ok..andrai. 
 - Lo dici solo perchè speri che torni strisciando da te.
 - Non spero di vederti strisciare..ma so che quando ti renderai conto di cosa ti aspetta, allora prenderai il telefono e mi chiamerai per farti venire a prendere.
 - No.

Apre la porta, riappende le proprie chiavi, il ciondolo del funghetto di supermario dondola e sembra ridere di lei. Arriccia il naso sfiorandolo e congelandolo, sfogando un po' di fastidio contro l'omino inanimato. Non si volta più, attraversa la soglia ed esce nel fresco notturno di Tijuana. Il sorriso sulle labbra e i piedi che si muovono frettolosi verso il taxi che frena proprio davanti alla grossa villa Begbie, avvolta nel torpore notturno.